“Mi sento morta: devo fare la besciamella a Barbieri”. Daiana, casalinga 53enne di Follonica, è colma d’angoscia. Si avvicina al banco degli chef come un vitello al patibolo. Si fa il segno della croce, ha gli occhi lucidi e va incontro al martirio. I 18 finalisti della seconda edizione di Master Chef Italia sono tutti così. Terrorizzati dai tre semidei, molto più degli aspiranti manager di fronte al “boss” Flavio Briatore in The Apprentice.
MasterChef ha esordito alla BBC nel 1990. In Italia è arrivato un anno fa, prima a Cielo e ora su SkyUno. La prima puntata raccolse poco più di 100mila spettatori, l’ultima 702mila (2.6% di share). Il programma, furbo e ben fatto, funziona. Stasera la terza puntata (anteprime a parte). A decidere i destini del mondo sono due chef, Bruno Barbieri e Carlo Cracco, e un ristoratore, Joe Bastianich. Dopo di loro, definitivamente, lo chef è assurto a star. Con tanto di groupies, magari da sparare – con buona pace delle femministe – sulla copertina di GQ. Donne nude che tentano (con esiti scarsi) il bel tenebroso Cracco, appena meno espressivo dell’orata che (non) cela le parti intime della modella maliarda.
MasterChef Italia è uno specchio strepitoso del paese. Enfasi a badilate, assenza totale del senso della misura, frasi a caso. Regolamento più astruso di una primaria di centrosinistra (Mystery Box, Invention Test, Pressure Test, all’occorrenza anche uno Scappellamento a destra come tapioca prematurata). E crisi di nervi. Tante. Più pianti che piatti. I partecipanti hanno quasi tutti la tenuta psichica della Sandra Milo che urlava “Cirooo”. Per loro la cucina è tutto. E i tre Chef non paiono meno temibili di Giove Pluvio: “Ci tengo più della mia vita, Cracco ha quegli occhi che ti gelano il sangue”.
Il plot è di tipo militaresco: da una parte i generali, dall’altra le reclute su cui esercitare un nonnismo ostentato. Barbieri è il più didascalico nell’interpretare il Sergente Maggiore Hartman. A volte indossa persino camicie mimetiche, come un Chuck Norris dei fornelli. Il Sergente Bruno cammina dietro i sottoposti e poi, a bruciapelo, grida: “Veloci! Pensate di essere in vacanza? Forzaaaa!”. C’è pure il corrispettivo di “Palla di Lardo”, Ivan, umile e incolpevole commesso siciliano di 35 anni. Lo irridono tutti. Anzitutto Cracco, che non esce mai dal personaggio: tiene le braccia conserte e sfoggia lo sguardo pseudo-duro di un Christopher Lambert dopo una lieve colica renale: “Quanti anni hai? 20? Si vede da come cucini”; “Te l’hanno detto che esiste il sale?”; “Lei non sa nulla del fagiolo zolfino. Vada ad informarsi”. A MasterChef vita e morte sono concetti relativi: la trascendenza – il terzo occhio – è saper tagliare le cipolle alla giuliana. L’unica certezza è che la besciamella non deve avere grumi. Se sbagli roux sei fottuto. Sei fuori. Addio grembiule e sogni di gloria.
Chi ha scelto i finalisti di questa edizione è stato bravo a creare una fauna variegata: c’è il veterinario uguale a Massimo Ciavarro, l’idraulico “stagnaro” che parla come Fassari nei Cesaroni. I sosia di Heidi e Filippo Nigro. L’alter ego di Jim Caviezel in The Passion. Il fratello gemello di Mauro Corona. E il doppelganger di Giorgia Meloni, che parla esattamente come lei e – quel che è peggio – la ricorda pure in simpatia e guittezza strategica. Le scene madri si susseguono, in un parossismo di drammi emotivi. “E’ impiattato male”, rampogna Barbieri (che con quelle camicie, di eleganza e bellezza, non dovrebbe parlare mai); “Aho’, è pasta e fagioli, che je devo fa’?”, piangiucchia l’idraulico (ma fuorionda: ce ne fosse uno che si ribella di persona). Bastianich, il più debole dei tre, per darsi un tono scaglia via il piatto che non ha gradito. Gli astanti, basiti, tremano come soldati al fronte. Cracco, con italiano lento e incerto, recita la parte del Dylan McCay problematico in Beverly Hills. Un pittore di Como, Maurizio, rivela che “questo piatto non l’ho cucinato io ma il mio me negativo”. Se Basaglia passasse di lì, avrebbe forse dei ripensamenti. E poi c’è Regina, studentessa dai poteri divinatori: “C’è chi sussurra ai cavalli. Io lascio che gli ingredienti mi parlino. La prima a farlo è stata la rana pescatrice: mi ha detto lei che dovevo cucinarla così”. Roba che neanche Maccio Capatonda nella parodia de Il sesto senso.
I piatti si susseguono. Il Full Metal Jacket alla vaccinara prosegue. Se la boria fosse una spezia, MasterChef Italia trasuderebbe cumino. Più gli chef infieriscono, più gli allievi si sottomettono, come Benigni e Troisi nella lettera al Santissimo Savonarola (“E noi lì, sotto i suoi piedi, zitti”). In una pausa pubblicitaria ricompare Cracco. Sponsorizza padelle magiche, le stesse che – a conferma della scarsa rivoluzionarietà del popolo italiano – nessuno usa per inseguirlo.
Il cibo è ovunque, alla faccia di crisi e carestie. I superstiti ci si avvicinano trasecolati, come tanti Alice in un paese senza meraviglie. Arrivano le eliminazioni, esondano i pianti. “Sei fuori, ma hai talento. Non abbandonare la cucina”, concede Barbieri. “No, chef, non lo farò. Non vi deluderò, lo prometto”, risponde la ragazzina esclusa, tipo Stallone in Rocky IV quando parlava di pace nel mondo al sosia di Gorbaciov. Singhiozza. I compagni la abbracciano. C’è commozione nell’aria. Vista da dentro sembra un’apocalisse, vista da fuori un’arena senza eroi né gladiatori. Al massimo troppi soffritti.
Il Fatto Quotidiano, 27 dicembre 2012
Ottimo Andrea.
Ma è “quello” che vogliono.
Clap clap clap! Complimetni vivissimi. Per l’articolo, e per il coraggio d’aver seguito cotante trasmissioni. 🙂
sempre educativi i reality di sky. a scegliere il “manager” del futuro c’era un tizio con una sfilza di precedenti penali da far invidia persino all’ex premier,e a scegliere il principe della besciamella un altro gentiluomo condannato (http://www.nanopress.it/cronaca/2012/03/12/joseph-bastianich-di-masterchef-condannato-a-restituire-5-milioni-di-mance_P6711429.html) perchè per anni si è inguattato le mance dei suoi camerieri. atteso a breve un reality sul giornalismo,giudici Sallusti Fede e Farina.
Uno spettacolo irritante. Anzi: un’alternanza tra il risibile e il penoso. Per dirla con il grande di Recanati, “non so se il riso o la pietà prevale”.
sparatevi.
Purtroppo,dopo aver letto il tuo post, niente sara’ + come prima ed io non riusciro’ a guardare il reality senza piegarmi dalle risate. Peccato che Cracco (come gia’ accade per Vissani) dedichi il suo tempo in TV e nn al suo ristorante a cucinare (magari li lascia qualche recluta scartata).
Ps ma nessuno interpreta il soldato biancaneve ?
Io quando vedo cracco che insulta mi taglio!
Il programma funziona perche’ , come giustamente scritto ad inizio articolo, e’ ben fatto. Le critiche sono corrette e divertenti ma nel panorama italiano Master chef rappresenta il miglior programma di cucina presente nei nostri palinsesti: troppi i cuochi improvvisati che,quotidianamente,ci presentano scontate ricette della nonna. Cracco,Barbieri e Bastianich non saranno De Niro, DeVito e Bruce Willis ma quando parlano di cibo sanno bene quello che dicono; i concorrenti sono scelti furbamente, le prove non sono banali, il numero di puntate non eccessivo. In alcune cose e’ un po’ un’ americanata ma se il prodotto nostrano e ‘ rappresentato dai menù’ di Benedetta, Ale contro tutti, Mattia detto fatto, la prova del cuoco e via discorrendo allora, viva gli States!
Non c’e’ molto da meravigliarsi, a noi Italiani queste fregnacce fanno piacere…. vedi la lievitazione degli spettatori della precedente edizione. Sembra speculare…. piu’ ti umiliano e meglio ti adatti (per poi lamentarti della sofferenza) vedi la politica…… per anni hanno plaudito ad un politico che regolarmente li ha inchiappettati e si sono sentiti a loro agio….
@Francesco B.: se il meglio è questo, allora una soluzione c’è: spegni la TV.
Io sono sei anni che non ho una tv in casa e stò benissimo.
Rivolgo una domanda ad Andrea e a tutti quanti: Come mai c’è tutto questo bisogno di enogastronomia, di essere tutti quanti chef, tutti esperti nella ricerca dell’abbinamento cibo-vino, di cercare l’ultimo presidio( ad oggi sono come le Doc e le Docg, in continuo aumento) uscito sull’ultimo numero della rivista patinata in edicola, di conoscere a memoria il nome di tutti gli stellati del mondo.
Tutto questo, come diceva Crozza anni fà mi suscita un “Peeerchèèè????”
[…] Scheda del libro « MasterChef, il Full Metal Jacket alla vaccinara […]
@fabio:se non hai la tv da sei anni, difficile per me capire come fai a giudicare un programma televisivo piuttosto che un altro. Rimango dell’ idea che Master chef sia ben fatto e di questi tempi e’ già’ molto. Non stento a credere che senza tv si stia benissimo, io la guardo ogni tanto e devo dire che non me la passo male.
Anche su Dagospia? http://www.dagospia.com/rubrica-2/media_e_tv/full-metal-kitchen-il-gastro-talent-master-chef-italia-pi-che-un-concorso-di-48681.htm
la differenza principale tra Master Chef e i tanti reality che ammorbano i palinsesti, è che si tratta di un vero talent. Per essere ammessi bisogna essere veramente bravi, chi ci ha provato lo può testimoniare. Quelli che arrivano alla trasmissione sono magari spesso degli psicolabili (i cuochi molto spesso lo sono, anzi quasi sempre) , ma sono anche molto molto competenti per dei non professionisti, qualunque professionista lo può rilevare.
Il resto è colore e scenografia.
peggio di un reality c’è solo la boria di chi si vanta di non avere la televisione, come fosse un merito.
Quoto Hector. Ma, aggiungiamo: peggio di chi si vanta di non avere la televisione, c’è chi si vanta di non avere la televisione prima di analizzarne i contenuti. Favoloso.
E’ vero, c’è un vago senso di meritocrazia. Però, va detto che la cucina (intesa come gastronomia+ristorazione) è sempre stato, e continua a essere, uno dei due-tre àmbiti in cui si riesca ancora a realizzare qualcosa di buono, in Italia (tesi espressa molto bene in Boris – Il film). Da noi sul cibo non si è mai scherzato, è quindi ovvio che un programma di competizione culinaria non possa ammettere sbavature in questo senso.
Grande, non riuscivo a leggere per quanto ridevo!!!
[…] l’argomento che ha tenuto banco la settimana scorsa, scaturito da un divertente articolo di Andrea Scanzi a cui ha replicato, in modo assai meno ironico e per nulla divertente, Luciano Pignataro, per il […]