Che fine ha fatto la satira in tivù? E’ scomparsa, tranne Maurizio Crozza e poco altro. Pochissimo altro. E’ una scomparsa pesante, perché la satira – se ispirata e ben fatta – aiuta a tenere alta l’asticella dell’indignazione. Permette di restare vigili. Induce a porsi domande e ti porta a non accettare supinamente tutto quel che decide (cioè impone) il Potere.
Forse perché costantemente stimolata da governanti imbarazzanti, in Italia la satira ha sempre avuto grandi esponenti. Senza andare troppo indietro nel tempo, basta pensare al dualismo Benigni-Grillo negli anni Ottanta. Il primo, iconoclasta e sboccatissimo, ieri era incendiario e oggi pompiere. Ieri voleva bene a Berlinguer e oggi a Renzi. Ieri prendeva in giro “Woytilaccio” e oggi è più papista di Ferrara. Ieri (anzi l’altroieri) celebrava “la Costituzione più bella del mondo” e oggi vota sì al referendum che ne sancirà lo sfascio. L’altro, cioè Grillo, che nell’86 si vedeva cacciato dalla Rai per una battuta su Craxi, ha battuto per anni i palazzetti all’insegna di una inedita “satira economico-ecologico-politica”, decisiva per il suo approdo in politica. Un approdo di successo, che sancisce però un cortocircuito pericoloso per un satirico. Lo scriveva già bene Daniele Luttazzi ai tempi del primo V-Day. Due giorni fa è tornato sull’argomento: “Dal momento in cui il comico decide di compiere questo passo, la sua satira diventa, inevitabilmente, propaganda (..) Grillo adesso vorrebbe tornare quello di prima, dice che si fa da parte. Troppo tardi. Ed è falso: ha forse rinunciato alla proprietà del marchio Movimento 5 Stelle? Ci rinunci, dunque, e potremo giudicare fino a che punto è credibile la sua satira contro Casaleggio, Fico, Di Battista e Di Maio”.
Luttazzi è un altro nome decisivo: pochi hanno saputo scudisciare il berlusconismo come lui. Cacciato dalla Rai per aver osato intervistare Marco Travaglio a Satyricon nel 2001 su RaiDue, vittima dell’editto di Sofia con Santoro e Biagi, Luttazzi è stato negli anni Duemila una vera e propria appartenenza. Altro aspetto fondamentale: laddove la politica abdicava al suo ruolo, deludeva costantemente e si allontanava dagli elettori, milioni di persone si affezionavano a chi aveva il coraggio di opporsi. Era già accaduto a Paolo Rossi con Su la testa! su RaiTre, al tempo della caduta di Craxi, e sarebbe accaduto ancora di più negli anni successivi. Non solo a Luttazzi: fratelli Guzzanti, Crozza. Il satirico si sostituiva al politico, perché il politico a sua volta era evaporato in una nuvola di niente. E a quel punto c’era chi si fermava prima di diventare politico (Luttazzi, Corrado Guzzanti), chi restava a metà (Sabina Guzzanti) e chi si faceva megafono di una protesta trasversalmente condivisa (Grillo). Una situazione anomala e scivolosissima, che ha visto negli anni smarrirsi lo stesso Luttazzi, tornato in tivù con il monologo strepitoso a Raiperunanotte (25 marzo 2010) e poi inciampato nella querelle plagio e in un ostinato mutismo rancoroso che fa male tanto a lui quanto a noi.
E poi? E poi è stato il nulla. Soprattutto in tivù. Per una serie di motivi. Per una nuova generazione con un talento inferiore. Per il ruolo meno dominante (ma ancora maggioritario) della tivù nella veicolazione dell’informazione e dell’indignazione, anzitutto nelle nuove generazioni. Quelle generazioni che, oggi, ridono di più con Maccio Capatonda (o magari si accontentano di Frankie Matano). Ha inciso molto anche l’effetto Zelig, oggi in crisi ma comunque decisivo nel far passare il messaggio che in tivù la comicità che più funziona è quella meno divisiva. Censura (e autocensura) restano poi attivissime, oggi come e più di ieri. C’è però anche – soprattutto? – un altro motivo: con Berlusconi al potere, fare satira era facile. Certo, servivano comunque talento e coraggio, ma Berlusconi incarnava pienamente il “nemico”. Se lo attaccavi, il tuo pubblico naturale lo accontentavi quasi sempre. Oggi no: oggi è più complicato. Ora che al potere c’è un uomo che fa le stesse cose e ha un’idea analoga di satira e giornalismo (l’ennesimo caso Giannini-Ballarò ne è prova), ma che appartiene al Pd, il satirico “di sinistra” si trova davanti una situazione imbarazzante: per fare veramente satira, dovrebbe recidere una volta per tutte il cordone ombelicale con quel che resta del vecchio PCI (cioè niente) e trattare il renzismo per quel che merita. Ma non ce la fa. Non ce la fanno, salvo i soliti casi sparuti. E il risultato è questo gigantesco vuoto. Una iattura autentica, perché servirebbero come il pane voci ispirate e urticanti a più livelli, dalla satira politica allo sberleffo feroce (per esempio) contro tutti questi teo-con sulle barricate per le unioni civili. Luttazzi ripete da anni che “la satira è un punto di vista e un po’ di memoria”. Ecco: qua di punti di vista ce ne son sempre meno, e la memoria è sempre più sbiadita. La situazione ideale per una “dittatura garbata”, gentile nei modi e spietata negli intenti. (Il Fatto Quotidiano, 30 gennaio 2016)
non saprei che fine abbia fatto la satira ma l’avanspettacolo lo fa benissimo Matteo Renzi capo comico della compagnia PD di comparse e caratteristi FI NCD, da un palcoscenico internazionale come Palazzo Chigi, e noi cittadini obbligati a pagare un biglietto a caro prezzo per ridere o piangere guardando inermi una rappresentazione sceMografica delle istituzioni di saltimbanchi senza ne arte ne parte.
Andrea puntuale come sempre ….Se anche la satira è in crisi,qualcosa non torna,sabina guzzanti fu censurata ,con l’avvallo della democratica lucia annunziata..strapagata giornalista …con strabismo a corrente alternata…faccio un appello al fatto quotidiano per far tornare alla rai …La vera sarira che ci hai ricordato….chiamate freccero….penso che conti poco come le sue opinioni da tuttologo…..grazie
C’è ancora della satira, parlo di Giorgio montanini. La trovo eccellente ma non è satira politica. Quella è davvero scomparsa.
Caro Andrea, condivido per esteso quanto hai scritto sulla satira in Italia oggi. Forse, però, non è il caso di dimenticare che nel frattempo sono spariti personaggi come Gaber e Faber (e tu lo sai meglio di me) che facevano satira sociale perchè ancora il Berlusconismo Renziano non aveva del tutto preso il potere sia economico sia mediatico. “Che fare?” Sperare innuovi talenti giovani e finora sconosciuti? Io guardo spesso quella nicchia televisiva che è “Comedy Central” ma temo sia una succursale di Mediaset. Comunque ci trovo “vecchi” talenti ex-Zelig come Gioele Dix e nuovi come Saverio Raimondo. Per finire, e per favore, dimmi se il tuo nuovo spettacolo teatrale transiterà nelle vicinanze di Bergamo, perchè non voglio rischiare di non fare il tris dopo aver visto i tuoi due spettacoli su Gaber e Faber, appunto, e averti incontrato pure a Milano spettatore, come me, allo spettacolo di Paolo e Luca. Mi scuso per la prolissità del messaggio e arrivederci a liunedì al Processo e/o con Lilli Gruber.